Io Penso, Tu Non Devi Pensare

Scuola Secondaria di Secondo Grado: ITCG Mosè Bianchi – Monza di Monza MB
Classe 4C – Referente: Prof. Gerardo Battagliere

Art. 18 Libertà di pensiero – “Io penso, tu non devi pensare” – Menzione di Merito per la Scenegiatura

Art.26 – Diritto all’istruzione

Art.2 nessuna discriminazione

Art. 4 Nessuna Schiavitù

Presentazione del progetto:

Una solenne deliberazione da parte delle Nazioni Unite sancì il 10/12/1948 a Parigi ciò che oggi è corpo e forma della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’uomo.

La fermezza con la quale nei trenta articoli ogni parola pesa come un macigno la si evince dalla volontà di non permettere che si possa inciampare in possibili fraintendimenti o ripetizioni, per questo sono essi pochi e scanditi da un rigore che taglia come lama affilata di coltello.

 “Tutti gli esseri umani nascono liberi e uguali in dignità e diritti. Essi sono dotati di ragione e di coscienza e devono agire gli uni verso gli altri in spirito di fratellanza”.

È davvero singolare che tra gli astenuti alla risoluzione vi furono il Sud Africa e l’Unione Sovietica. La storia ha fatto sì che potessimo comprenderne i motivi analizzando il triste presente e il passato prossimo di chi ha lottato, anche con i ceppi ai piedi, per sconfiggere l’Apartheid e per restituire dignità alla propria terra e alla sua gente.

L’immagine di Nelson Mandela che balla nel giorno in cui gli viene ridata la libertà – dopo quasi trent’anni di carcere – è la misura concreta del perché le convinzioni personali e le idee non si possono tenere dietro le sbarre di una prigione. Oltretutto, tanto per restare in tema con la clip che prova a esprimere dal punto di vista dei ragazzi di 4AC cosa sia il “diritto all’istruzione” dell’articolo 26, era stato proprio l’ex Presidente del Sud Africa a sostenere con parole che hanno assunto valore di aforisma quanto sia importante crescere e riscattarsi attraverso la cultura.

Mandela si è battuto per evitare che vi fossero schiavitù (art.4) e discriminazione (art.2) e, come lui, avevano fatto lo stesso Malcom X, l’attivista e pastore protestante Martin Luther King, pure John Lennon combatté a modo suo contro le discriminazioni e le guerre, provando a immaginare un mondo senza confini e persino senza religioni, dove tutti possano vivere in pace. Una vera e propria utopia se la guerra è preferita all’istruzione e le scuole di alcuni paesi sono vuote perché un bambino-soldato fa più comodo di uno scolaro diligente e, in termini di perdite, vale meno di un maschio adulto che combatte per uccidere il suo nemico.

L’articolo 18 ha innescato nel gruppo classe una visione comune, quando tutti hanno pensato a voce alta ciò che scrisse E. Beatrice Hall, biografa di Voltaire: “I disapprove of what you say, but I will defend to the death your right to say it”

Non c’è uno slogan che sintetizzi meglio di questo l’importanza del dissenso. Non si può godere a pieno della propria personalità se permettiamo di farci imbavagliare, persino legare mani e piedi affinché un turpe Mangiafuoco ci muova come voglia. Non può esservi libertà se tutti sono obbligati a dire “sì, signore”.

Nasce da questa convinzione il racconto dell’articolo. Nel gesto semplice di chi scioglie i nodi che tengono legati al volere della mano che muove ed anima, tanto la parola, quanto il sorriso e il fiato della vita, ritrovare dignità, esaltarla provando a fare quello che piace, significa essere veramente liberi.

I cattivi sono dei buoni che non si sono mai realizzati, per questo devono affermarsi con la violenza e con un fare da prepotenti. Hanno una personalità metafisica e una faccia che non c’è, proprio come quella proposta nel video per l’articolo 2: sono maschere bianche, prive di colore e lineamenti. Devono puntare il dito contro chi pensano sia diverso per banale redenzione e per trovare se stessi. Minacciano gli altri, ma perché hanno paura di essere normali e si fingono mostri. Ritrovano umanità guardando con stupore una mano che è come la loro, un corpo che somiglia in tutto e per tutto al loro, se non fosse per il colore della pelle o per un dettaglio che nasconde i capelli di una donna. Pretesti inutili che facevano dire a Shylock ne Il mercante di Venezia – “Non ha forse occhi un ebreo? Non ha mani, organi, membra, sensi, affetti e passioni? Se ci pungete non versiamo sangue, forse? […] E se ci fate il solletico non ci mettiamo forse a ridere? Se ci avvelenate, non moriamo? E se ci usate torto non cercheremo di rifarci con la vendetta? Se siamo uguali a voi in tutto il resto, dovremo rassomigliarvi anche in questo”.

Quei muri non sono stati mai abbattuti del tutto, per questo ciò che rientra nell’ordine dei diritti acquisiti, molto spesso ha ancora il sapore di una conquista.

Gerardo Battagliere